L'origine di tutto: il surf

ECCO LA STORIA DEL SURF - DOVE TUTTO EBBE INIZIO

Non si sa con certezza quando i Polinesiani iniziarono a praticare questo sport, ma alcuni canti Hawaiiani risalenti al quindicesimo secolo trattano di surf e dimostrano che già allora si tenevano perfino delle competizioni, durante le quali si sfidavano Re e capi di alto rango sociale. Le scommesse erano un forte incentivo per la pratica dello sport e quando le onde raggiungevano dimensioni impressionanti le scommesse riguardavano perfino proprietà personali e veniva messo in gioco orgoglio ed onore dei partecipanti.

Il primo Europeo che osservò e descrisse questo sport fu James Cook, che nel dicembre 1777 vide un indigeno di Tahiti farsi trasportare da un’onda su una canoa; nel suo diario di bordo Cook scrisse: "Mentre osservavo quell'indigeno penetrare su una piccola canoa le lunghe onde a largo di Matavai Point, non potevo fare a meno di concludere che quell'uomo provasse la più sublime delle emozioni nel sentirsi trascinare con tale velocità dal mare". L'anno successivo, approdando ad Hawaii, Cook vide finalmente degli uomini scivolare sull'acqua in piedi su lunghissime tavole di Koa lunghe cinque metri e mezzo e pesanti settanta chili.

Gli Ali'i (i Re hawaiiani) sostenevano di essere i più abili e competenti nella pratica del surf, che stabiliva una sorta di privilegio nelle antiche Hawaii perché fortemente riservato a loro. Le persone comuni che surfavano godevano di speciali privilegi nelle cerchie reali e guadagnavano lo status di "capi" in base alla loro abilità e resistenza fisica.

Il surf serviva come addestramento agli Ali’i per mantenere la forma fisica richiesta per la loro posizione sociale. I Re avevano shapers e spiagge personali in cui surfavano soltanto con altri della stessa classe sociale e nessuno osava entrare in acqua con loro.

La costruzione delle tavole veniva sempre accompagnata da una certa cerimonialità: dopo aver scelto l'albero giusto, ad esempio, prima del taglio veniva offerto alla terra un pesce in segno di riconoscimento, quindi il tronco veniva accuratamente liberato dei rami e sagomato con il solo aiuto di strumenti naturali fatti di pietra e ossa. Il tronco veniva successivamente trasportato nel riparo dove venivano custodite le canoe, dove avveniva il vero e proprio lavoro di sagomatura e finitura della tavola. In questa fase venivano usati il corallo che si trovava sulle spiagge ed una pietra ruvida chiamata 'oahi, grazie ai quali le superfici delle tavole venivano perfettamente levigate. La finitura avveniva spalmando la tavola con la stessa sostanza scura con cui venivano laccate le canoe, fatta con la cenere, il succo di una pianta grassa, il succo della parte interna di una radice e il succo dei germogli di banano. Uno strato di olio tratto dalle noci di kukui dava alla fine una perfetta impermeabilità alla tavola.

L’importanza dello spirito del surf subì un certo declino durante il diciannovesimo secolo, in parte perché i missionari cristiani ne scoraggiarono la pratica ritenendolo una distrazione nociva, in parte perchè alle Hawaii nel 1819 - contemporaneamente alla fine del sistema sociale Kapu - venne interrotto il Makahiki, una festa annuale della durata di 3 mesi (da metà ottobre a metà gennaio) dove all'arrivo delle grandi onde invernali gli hawaiiani fermavano ogni lavoro ed altra attività ed iniziavano a vivere un periodo di grande festa con musica, danze, canti e tornei di tutti gli sport hawaiiani incluso il surf. Oggi questa festa viene ricordata con la celebrazione della "settimana Aloha".

Tale declino fu determinato inoltre dalle restrizioni della nuova religione, dalla stessa attrazione degli hawaiiani per le nuove culture con cui entravano in contatto, dal sempre minor tempo libero dovuto ai nuovi sistemi lavorativi, ma soprattutto dall'arrivo, con i colonizzatori, di malattie prima sconosciute sulle isole ed alle quali gli indigeni non erano preparati, che decimarono la popolazione.

Verso la fine del diciannovesimo secolo il surf ebbe una leggera e breve ripresa durante il regno del Re Kalakaua (1874-1891), il quale si battè per recuperare tutto ciò che caratterizzava l'antica cultura hawaiiana, incoraggiandone ogni forma d'espressione quali la danza hula, i canti e tutti gli sport. A questo periodo, precisamente al 1885, risale il "battesimo" del surf sulla costa americana, dove alcuni Hawaiiani che frequentavano una scuola militare a San Mateo, in California, si costruirono delle tavole di sequoia e surfarono le onde alla foce del fiume San Lorenzo davanti ad un pubblico meravigliato ed affascinato dalla loro abilità, che fece scoccare la passione per questo sport anche sul continente.

All’inizio del ventesimo secolo il punto d’incontro per la poca gente che ancora praticava il surf era la zona di Waikiki, sull’isola di Oahu, dove un gruppo di americani aveva fondato l’Outrigger Canoe and Surfing Club ed un gruppo di surfisti Hawaiiani, tra cui Duke Kahanamoku, aveva fondato l’Hui Nalu Surfing Club. Allora l’unico hotel esistente a Waikiki era il Moana Surfrider, immerso nel verde delle palme e dei banani.

Alla fine degli anni venti le Hawaii iniziarono ad essere frequentate dai pochi turisti che potevano permettersi il viaggio. In quel periodo Rabbit Kekay segnò un passo storico per il surf, inventando un nuovo stile chiamato “hot dogging”: dopo aver imparato su pesantissime tavole di legno lunghe cinque metri, iniziò ad usare tavole di koa lunghe poco meno di due metri, simmetriche in nose e tail, con un profondo vee nella parte posteriore. Con quelle si riusciva ad effettuare manovre più strette e si poteva finalmente seguire la parete dell’onda. Osservando il suo stile, il resto dei surfisti imparò ad effettuare il bottom turn e a manovrare più agilmente anche le tavole lunghe.

Negli anni trenta gente proveniente da tutte le parti del mondo si recava a Waikiki, dove i beach boys erano diventati famosi per la pratica del surf, della canoa hawaiiana a bilanciere, e la musica. Fino ad allora, per tanti secoli, gli Hawaiiani avevano conservato il surf per loro stessi e soltanto grazie all’avvento del turismo su quest’isola, il mondo poteva conoscere le meraviglie ed il fascino del surf.

Con gli anni quaranta e la seconda guerra mondiale il surf subì un nuovo colpo dolente. Con l'ingresso degli Stati Uniti nella guerra le Hawaii furono sottoposte alla legge marziale e le spiagge hawaiiane furono invase da milizie e disseminate di filo spinato.

Passati questi anni grigi venne l’epoca dorata del surf moderno, che gli americani ricordano come i favolosi anni cinquanta. Grazie alla prosperità del dopoguerra ed al grande passaparola effettuato dai militari che in qualche modo erano passati alle Hawaii, i surfisti invasero onde e spiagge come mai prima. La prima gara internazionale di surf a Makaha, che fu vinta da Rabbit Kekai con una tavola di balsa monopinna fatta da Matt Kivlin, si tenne nel 1956 ed è diventata una tra le manifestazioni internazionali di surf più importanti del mondo. Gran parte dei criteri e delle tecniche di gara del longboard moderno trae origine proprio da questo famoso evento.

L'arte del surf ebbe un fiorente periodo negli anni sessanta, quando furono prodotti decine di film sul surf. Il più famoso fu “The Endless Summer”, che generò e diffuse un’immagine molto positiva di questo sport. Tra gli altri, “Blue Hawaii”, con Elvis Presley, “Ride the Wild Surf”, “The Golden Breed”, “Gidget Goes Hawaiian”, “The Fantastic Plastic Machine”, “For Those Who Think Young”, “Ride The Wild Surf”, “The Big Surf” e molti altri. La popolarità del Surf in questo momento in tutto il mondo era in continua espansione, così come la risonanza che avevano i surf contest. La prima rivista stampata di surf, “Surfing Magazine”, fu fondata proprio nel 1960. Camicette hawaiiane e gruppi musicali surf (come Beach Boys, Surfaris, Ventures, ecc.) erano molto popolari e ad Huntington Beach, California, fu svolto il primo surf contest della storia degli Stati Uniti e finalmente, durante gli anni settanta, il surf veniva considerato oltre che uno sport, uno stile di vita.

Oggi il surf è praticato in oltre 500 paesi del mondo e da persone di ogni età, da uomini e donne. Il surf è lo sport che ha sparso gente nei mari e negli oceani di tutto il mondo durante i secoli perché nessuna sensazione può essere paragonata a quella che si prova scivolando sull’acqua spinti solo dal movimento di una lunga parete liquida.

Skateboard & longskate

SKATEBOARDING

Lo skate nel corso degli anni ha dato origine a tante varianti, alcune si sono diffuse a macchia d'olio altre sono rimaste più in ombra.Di fatto nella sua versione "standard"rimane sempre il più diffuso e apprezzato dai giovanissimi ma non solo.

Il longskate in reltà è il padre dello skate non una sua variante, lo skate infatti è cominciato proprio così, on the road! A rimini sta avendo da un paio di anni grande successo in quanto si muove perfettamente anche su fondi non regolari (come le nostre strade)grazie alle ruote di diametro generoso e di mescola tendenzialmente morbida. Può avere diverse varianti:

  • Longboard, del tutto simile al surf da cui deriva con manovre analoghe, passettini, curve ecc
  • Slalom, con tavole di dimensioni ridotte in percorsi con ostacoli artificiali
  • Downhill, in lunghe discese a velocità stratosferiche (protezioni obbligatorie)
  • Cruising,una delle varianti piùdiffuse, per spostarsi sulle normali stradeo piste ciclabili surfando la strada

Lo street surfing è il più recente delle varianti dello skate e di certo è la grande sorpresa dell'ultimo anno. La sua semplicità di utilizzo e la grande versatilità ne stannodecretando la fortuna.E' un mix tra surf, skate e snowboard.Nasce nel 2005 e da li si evolve fino ad arrivare al modello più performante e più ricercato che oggi è The Wave. Ne esistono varie imitazioni ma The wave è riconosciuto da tutti come il più performante, semplice e soprattutto robusto sul mercato.

http://www.streetsurfing.com/home.php

 

Storia dello skate: la teoria delle onde

Personalmente appoggio pienamente la teoria delle onde avendola provata sulla mia pelle (1983/1991). Per quanto riguarda la sua proiezione sul futuro, che vede la definitiva stabilizzazione ed affermazione dello skate non sono del tutto d'accordo. La mia opinione è che tali onde sono destinate a continuare ma in modo molto meno accentuato. Di certo non si arriverà più a vedere lo skate del tutto eclissato, ma è altrettanto certo che momenti socio-economici come quello attuale possono caratterizzare una fase di rallentamento di questo sport per i motivi ampiamente spiegati nella teora delle onde. In questi momenti lo skate ritrova la magia dello sport di nicchia perdendo coloro che lo praticano per moda. Ma è il gioco delle onde e forse continuerà così all'infinito!


I ragazzi hanno sempre avuto un'affinità per il proprio set di ruote. La bicicletta è il primo esempio, ma per molto tempo le bici furono fuori della portata finanziaria per molte famiglie.

Le alternative erano i carretti, i monopattini e i pattini a rotelle. Quando questi veicoli comprati al magazzino non facevano la magia, i giovani sceglievano di creare da sé i loro mezzi di trasporto. Alcuni costruivano go-kart o soapbox cart (carretti costruiti con le scatole di imballaggio del sapone, tipo Bart Simpson, Ndt); altri fecero quello che sarebbe finito con l'essere la forma primitiva dello skateboard.

Il primo tipo di skateboard, che si riporta ai primi del 1900 era in effetti più simile a un monopattino. Era rappresentato da ruote di pattini attaccate a un due per quattro (asse di legno, due pollici per quattro). Spesso la tavola aveva una cassetta di imballaggio del latte inchiodata addosso con il manubrio che sporgeva ai lati per il controllo.(Vi ricordate "Ritorno al futuro"?,Ndt) Nel corso delle successive cinque decadi i cittini cambiarono l'aspetto di questi aggeggi, levando la cassetta e viaggiando solo sul due per quattro con rotelle d'acciaio. Decine di migliaia di pattini furono smantellati e joiosamente martellati sulle travi di legno.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il nord America fece l'esperienza di un'economia da bomba e di una popolazione che si espandeva. I figli di quel periodo ( i baby boomer) fecero rapidamente sentire la loro presenza nel mercato. Gli anni '50 avrebbero visto produttori di giocattoli inciampare uno addosso all'altro per uscirsene con l'ultima trovata per catturare l'immaginazione e il porcellino-salvadanaio dei bimbetti dovunque. La comparsa della televisione li avrebbe aiutati nel compito. Gli yoyo, hula-hoop e simili sarebbero cresciuti e ricaduti in favore giochi all'aria aperta. Era solo una questione di tempo prima che qualcuno raccogliesse il potenziale riposto in quelle rotelle da pattini inchiodate su assi di legno. I primi skateboard commerciali colpirono il mercato nel 1959.

L'alba dell'industria dello skateboard commerciale portò nuovi ed eccitanti progressi tecnologici, come le ruote d'argilla, che fecero la corsa più liscia e resero possibili nuovi trick. Ma segnalò anche la fine di un tempo in cui i bambini ideavano i propri giochi con allegria e caciara.

La Prima Onda 1959-65

La fine degli anni '50 vide crescere l'interesse commerciale verso il concetto di una tavola da pattinaggio e nel 1959 il primo skateboard Roller Derby era comparso negli scaffali dei negozi. L'introduzione di skateboard prodotti per il commercio coincideva con l'era del surfer, e la gente cominciò a collegare le cavalcate delle onde in mare e le corse su una tavola a terra. Per quando gli anni '60 iniziavano a girare, lo skateboard si era guadagnato numerosi seguaci tra la folla del surf.

Ma fu quando Larry Stevenson, editore di "Surf Guide", iniziò a promuovere lo skateboard, che le cose iniziarono a decollare, Makaha,la compagnia di Larry, progettò il primo skateboard professionale nel 1963 e fu preparata una squadra per promuovere il prodotto.

Le squadre di skate, finanziate dai produttori sarebbero diventate un punto fermo per il commercio e avrebbero giocato un grande ruolo nel portarlo al mondo. Makaha ha anche patrocinato la prima gara di skate, che si tenne a Hermosa, California, nel 1963. Le competizioni con un regolamento alzarono gli standard dello skate e gli diedero il suo status di sport.

Altri fabbricanti apparvero sulla scena. Per il 1965 c'erano competizioni internazionali, film (Skater Dater),una rivista (The Quarterly Skateboarder) e i giri attraverso il paese delle squadre di skateboard, che avevano alzato lo sport verso enormi picchi di popolarità. Oltre 50 milioni di tavole furono vendute in quei tre anni. Poi, d'improvviso, lo skate morì nell'autunno del 1965.

Il primo Crollo era dovuto a prodotti scarsi, troppe giacenze di magazzino e al pubblico sconvolgimento per le corse spericolate. Oltre a rimpiazzare le cigolanti rotelle d'acciaio dei pattini con ruote d'argilla (sic.ndt) che davano una corsa più liscia e a rifinire i truck (gli attacchi delle ruote), ci furono pochi progressi tecnologici.

Alcune compagnie svilupparono ruote di migliore qualità, ma le ruote d'argilla erano le più economiche da costruire. Comunque, le ruote d'argilla non davano buona presa sulla strada e dappertutto gli skater facevano delle cadute davvero brutte. I comuni iniziarono a bandire gli skate in risposta alle preoccupazioni per la salute e la sicurezza, e dopo alcuni incidenti fatali lo skate fu ufficialmente sbattuto fuori dall'esistenza. I fabbricanti persero enormi cifre di denaro dovute alla cancellazione degli ordini di natale, e lo skate quasi scomparve dalla vista del pubblico. Ma alcuni skater sinceramente dedicati avrebbero mantenuto vivo lo sport, con un sostegno vitale.

La Seconda Onda 1973-80

La fine dei sessanta sembra essere stato un un periodo meno innocente rispetto all'inizi di quella decade. Problemi legali e una mancanza di innovazione nel progetto dello skateboard furono i fattori principali nella frenata nella popolarità dello skate che si riscontrò in quel periodo, ma fu anche un periodo di grandi conflitti politici e sociali a livello mondiale, e le attività spensierate come il surf sul marciapiede vennero eclissate nell'immaginazione collettiva da proteste, assassinii e una guerra sempre più controversa. (n.d.t.:J.F.Kennedy,M.L.King, Robert Kennedy, Vietnam)

Lo skate non scomparve del tutto, ma di sicuro entrò in una fase dormiente, finchè una conquista tecnologica non l'avrebbe riportato in prima linea. Nel 1970, un surfer dal nome di Frank Nasworthy iniziò a sviluppare una ruota fatta di uretano. Usandole la sensazione era magnifica paragonata alle ruote d'argilla, e per il 1973 le Cadillac Wheels di Nasworthy avevano lanciato la seconda onda dello skate. I fabbricanti di truck come Independent, Bennett e Tracker cominciarono a fare truck progettati apposta per lo skate. Produttori di tavole spuntarono nel tempo di una notte e improvvisamente l'industria fu inondata di nuovi prodotti e nuove idee. Nel 1975, Road Rider aprì con la prima ruota con cuscinetti di precisione, facendola finita con anni di cuscinetti a sfere libere che avevano il vizio di schizzare fuori dal cuscinetto. Lo slalom, la discesa (downhill) e il freestyle erano praticati da milioni di entusiasti. La rivista SkateBoarder fu fatta risorgere e presto vi si unirono altre pubblicazioni speranzose di guadagnare dal ritorno dello skate. Bruce Logan, Russ Howell, StacyPeralta, Tom Sims e Gregg Weaver figuravano pesantemente in queste riviste. Lo sport stava girando di nuovo.

Il primo moderno skatepark all'aperto venne costruito in Florida nel 1976 e fu presto seguito da centinaia di altri parki su tutto il Nord America. Con le nuove possibilità offerte dagli skatepark lo skate si mosse dall'orizzontale al verticale, freestyle e slalom divennero gradualmente meno popolari. Anche l'ampiezza delle tavole cambiò dai sei sette pollici (15-18 cm) fino a oltre nove pollici (23 cm). Questo incremento nella misura assicurava migliore stabilità sulle superfici verticali. Le punte della Seconda Onda includevano Tony Alva, Jay Adams e Tom "Wally" Inouye. Wes Humpston mise in vendita la prima linea di tavole con grafica che fece successo, sotto l'etichetta di DogTown. Subito, dozzine di produttori di tavole misero la grafica sotto le loro tavole.

Skateare nelle pool (piscine con pareti curve) era enormemente popolare e come risultato di una migliore tecnologia gli skater furono in grado di eseguire manovre aeree e andare ben oltre il bordo. Alla fine dei '70 Alan Gelfand inventò l'ollie, ovvero l'aerial senza mani, e portò lo skate al livello successivo. le radici dello streetstyle si svilupparono quando gli skater iniziarono a portare manovre verticali sul terreno piano. La cultura skate cominciò a mischiarsi col punk e la musica new wave. C'erano immagini di teschi sugli skate grazie al genio creativo di Vernon Courtland Johnson alla Società Powell.

La vecchia nemesi dello skate, la preoccupazione per la sicurezza, si rialzò ancora una volta. le assicurazioni divennero tanto costose che molti proprietari degli skatepark chiusero la porta, ed entrarono i bulldozer per finire l'opera.

Per la fine del 1980 lo skate morì un'altra morte e di nuovo molti fabbricanti dovettero affrontare perdite tremende. Come la BMX divenne popolare e la rivista SkateBoarder si cambiò in ActionNow, tanti skater disertarono lo sport. Lo skate diventò underground ancora una volta. Ma anche se gli skatepark sparirono, un contingente di duri e puri si costruì le proprie rampe e le halfpipe nel giardino di casa e continuò a sviluppare lo sport.

La Terza Onda 1983-1991

Altre zuffe legali e la competizione di altre attività giovanili come la BMX portarono a un secondo periodo di riposo per lo skateboarding nei primi anni '80. Sebbene si tenessero gare di skate l'affluenza era poca e il montepremi ancora minore. Ma come in passato un nucleo di skater dedicati mantenne in vita lo sport. Nel 1981 la rivista Trasher cominciò la pubblicazione nello sforzo di fornire agli skater imperterriti delle informazioni sulla scena skate.

Per il 1983 i produttori di skate iniziarono a vedere lo sport in risalita e la rivista Transworld Skateboarding entrò nella scena skate. Le corse sul vert decollarono nel 1984, seguite a ruota dallo streetstyle. Divennero popolari le rampe di lancio (le jump, N.d.T.). Powell-Peralta creò il primo video skate della Bones Brigade, che aiutò la propulsione dello skate verso nuovi livelli di popolarità. Emersero numerosi campioni del verticale tra cui: Tony hawk, Christian Hosoi, Lance Mountain e Neil Blender. Nello street Mark Gonzales, Natas Kaupas e Tommy Guerrero crearono nuove variazioni sull'ollie.

Anche il freestyle era parte della scena e Rodney Mullen dominava tutte le contese.

I diritti sulla vendita delle tavole e le vincite delle gare crescevano di scala e qualche skater pro metteva sù guadagni di diecimila dollari ( £ire 13 milioni all'epoca +/-) al mese. L' Associazione Nazionale di Skateboard, capeggiata da Frank Hawk (il papà di Tony), tenne numerose gare per tutto il nord America, a volte anche nel resto del globo.

Dozzine di nuovi produttori saltarono sullo skate, ma nella metà degli '80 solo tre maneggiavano la maggior parte del mercato - Powell-Peralta, Vision/Sims e Santa Cruz. Le scarpe da skate di Airwalk, Vans e Vision divennero enormemente popolari, insieme alla moda skate, anche tra i non-skater.

Verso la fine della decade il centro del fuoco si spostò verso lo street skate e le corse sul vert divennero meno popolari. Un nomero i skater pro decisero di lasciare i grandi produttori e di avviare le proprie compagnie di skate. Uno dei primi a far questo fu Steve Rocco, che avviò le World Industries. Nasceva così la 'nuova scuola' di skateboarding. Si focalizzava sugli ollie e sulle manovre 'tecniche' e incominciò con un modo di pensare del tutto nuovo.

Per il 1991 una recessione mondiale colpì e l'industria dello skate ne fu profondamente influenzata. Come in passato una cifra di produttori affrontarono grosse perdite finanziarie. L'industria la prese estremamente in negativo e cominciò il processo per reinventarsi.

 

La Quarta Onda 1993- fino ad ora

La recessione economica fu una doccia fredda per tutte le industrie nei primi anni '90. Lo skateboard doveva anche vedersela con una nuova nemesi - i rollerblade. Come le altre volte un contingente di appassionati rimasero con lo sport, ma stavolta l'attrito non era così forte come in passato. La crescita della tivù via cavo, satellite e di internet avrebbe portato a una maggiore coscienza dello skateboard nel mondo. I figlioletti del boom (baby boomlet)- la figliolanza dei figli del dopoguerra - stavano entrando nell'età ingrata, la loro adolescenza ribelle. Questo fatto combinato con la loro notevole capacità di spesa portò alla quarta onda dello skateboard- magari fosse la volta buona! E insieme a loro molte giovani madri e padri ripescano le loro vecchie tavole per ricominciare.

Per la metà dei '90 lo skate riemerse ancora e la quarta onda era cominciata. Nel 1995 lo skateboard ricevette un bel pò di illuminazione ai giochi estremi di ESPN2 (Tv via cavo USA). I calzaturifici per gli skater come Etnies e Vans cominciarono a vendere grosse quantità del prodotto e altri produttori di abbigliamento di nuovo impazienti di battere cassa sulla popolarità dello sport.

Alla fine dei '90 lo skateboard rimane focalizzato sullo streetstyle e l'industria è strapiena di numerosi produttori e rivenditori. In molti casi gli stessi skater professionisti sviluppano il loro prodotto e dirigono la loro compagnia. Il longboard, l'arte un tempo dimenticata di portare grandi tavole ha cominciato a fare un ritorno e il downhill (le discese) è entrato in una dimensione completamente nuova grazie allo street luge (arriva fino a 80 kmh!) In Californi si ricominciano a costruire skatepark pubblici grazie a un cambiamento della legislazione. Il duro lavoro di Jim Fitzpatrick e dell' Associazione Internazionale delle Compagnie di Skateboard (IASC) ci asicura che altri stati seguiranno e la costruzione di altri parki è programmata nei prossimi anni.

Nell'arco dei 40 anni passati lo skate ha avuto i suoi picchi e vallate di popolarità. Comunque la tecnologia dello skateboard è grandemente migliorata da quando si usavano le rotelle di argilla. In termini di incidenti lo sport rimane molto più sicuro di football, rollerblade o hockey (in partecipanti incidentati percento). A dispetto della preoccupazione per la sicurezza o delle recessioni economiche, lo skateboard persiste, semplicemente perchè è troppo eccitante per lasciarlo! 

Tratto da www.skatecoffee.net

 

 

 

SKATEBOARDING

 

 

 







 

 

Snowkite - Cos'è, come funziona?

SNOWKITE: COS'E' E COME FUNZIONA

E' la nuova frontiera degl sport invernali, è un mix tra kitesurf, parapendio e snowboard. Può essere interpretato in tanti modi diversi, c'è chi usa la vela come skilift per poi godersi discese mozzafiato la dove non esistono impianti, c'è chi lo usa per volare come una paraoendio, chi ancora lo usa per darsi al freestyle più disperato, handle pass, kiteloop, ecc!

 

Ingredienti: vento, neve una tavola e una vela. Lasciatevi rapire da questa nuova tendenza ma fatelo con tutti gli accorgimenti perchè la montagna esige rispetto. Affidatevi per i primi passi a degli esperti che conoscano la disciplina ma soprattutto lo spot.

Gli spot sono già tanti ma molti sono ancora da scoprire e per questo stiamo ampliando questa sezione con collegamenti e informazioni per chi vuole avvicinarsi a questo sport in velocissima evoluzione.



Sci o snowboard?
La tendenza è quella di usare lo snowboard ma di fatto con gli sci si ha il massimo della versatilità e si riesce a sfruttare al meglio la vela. Con la tavola i movimenti soprattutto nelle fasi di partenza sono limitati e anche la risalita può risultare più impegnativa. Di contro nelle zone pianeggianti penso che lo snowboard sia molto più divertente. Se provenite dal kitesurf o andate già in snowboard non troverete grandi difficoltà con la tavola, ma se non avete mai praticato tali sport l'avvicinamento è di certo più semplice con gli sci. Quando avrete imparato le basi non vi resterà che provare anche con lo snowboard e scegliere la vostra strada!

La tavola

Spendiamo due parole su questo aspetto dello snowkite visto che  tanto se ne parla. I pareri sono tanti e spesso discordanti.
Da due anni si possono trovare tavole in commercio progettate specificatamente per questo uso. Di fatto la maggior parte dei rider professionisti continua ad usare tavole tradizionali.
Personalmente uso la stessa tavola sia per lo snowboard che per lo snowkite.
Tendenzialmente è consigliabile l'uso di una tavola twin tip, ma non è la regola. Se infatti siete dei patiti del freeride e usate la vostra vela principalmente per risalire e godervi poi splendide discese in powder. Beh in quel caso il consiglio è quello di scegliere una tavola con un set back poco accentuato1/2 cm e shape leggermente direzionale.
Per i patiti del freestyle e per chi sfrutta il kite in zone pianeggianti il consiglio invece va su tavole di tipo true twin, vale a dire con punta e coda identica e stance centrale. Allo stesso modo al contrario dello snowboard freestyle è sconsigliato un flex troppo morbido.

Vento
8/10 nodi sono sufficienti per divertirsi nella maggior parte dei casi. Le condizioni ideali però si hanno quandi si arriva attorno ai 15 nodi. Ogni spot è lavora con venti diversi da altri quindi il consiglio è quello di studiarlo sempre accuratamente. Se siete alle prime armi chiedete consigli o affiancatevi ai più esperti per iniziare. Il vento in montagna è soggetto a variabili diverse dalle condizioni marine. Le correnti ascensionali sono una cosa normale nelle zone montuose e possono rappresentare un grosso pericolo se sottovalutate.

La vela

Foil o pump? La tendenza di tutti coloro che arrivano dal kitesurf e fanno uso di ali gonfiabili è quella di escludere a priori l'uso del foil. In realtà nello snowkite la quasi totalità dei rider li usa in quanto sono estremamente più versatili dei pump. Potete partire  e atterrare in completa autonomia. Quando l'ala cade potete rialzarla in pochi istanti senza sganciare tavola o sci. Con venti leggeri il loro rendimento è nettamente superiore. Nel volo sono superiori ad un Ckite offrendo una portanza maggiore. Una volta ripiegati  nello zaino occupano pochissimo spazio e sono molto più leggeri di un pump. Non dovete portare con voi pompa o altro.
Se invece siete dei patiti del freestyle il consiglio è di optare per un classico pump. Se siete alla ricerca del freestyle i vostri spot saranno delle piane, laghi o comunque zone in prevalenza pianeggianti. Nelle manovre anhooked i ckite o comuqnue i gonfiabili sono nettamente più sfruttabili.
Concludendo si potrebbe dire:
Freeride/volo: FOIL
Freestyle: PUMP
Tra i foil esiste un ulteriore distinzione. Ali a celle aperte o celle chiuse. Le ali a celle chiuse nascono per essere sfruttate anche in acqua. Le ali a celle aperte sono sfruttabili solo su neve e terra in quanto cadendo si riempirebbero di acqua, ma hanno il grosso vantaggio di perdere completamente il loro profilo quando cadono oppure quando le facciamo atterrare.
Il consiglio perciò per quanto riguarda lo snowkite è quello di scegliere ali a celle aperte.

Le misure del kite

Sulla neve il fondo ha un ruolo fondamentale. Le variabili sono 2: la pendenza e la neve.
Se siamo in zone pianeggianti potremo usare vele piuttosto piccole, mentre se dobbiamo affrontare delle risalite a parità di vento avremo bisogno di una vela leggermente più grande.
Allo stesso modo se il fondo è costituito da neve compatta o dura basterà una vela più piccola rispetto a quella necessaria con neve fresca.
Le misure più usate sono quelle dal 8m al 12. Se la vostra intenzione è quella di fare una sola ala il consiglio è quello di optare per 9 o un 10m.

 

E QUALCHE VIDEO-CONSIGLIO